Salviamo Palazzo Frisari! - Un nuovo appello
Ins: 21/09/2011 - 04:55
Da pochi giorni sono appena terminate due importanti feste a carattere religioso e tradizionale, la festa dei Tre Santi Patroni, Mauro, Sergio e Pantaleone, seguita dalla festa dell’Addolorata, co-patrona della nostra città.
Tutti sono accorsi al “Palazzuolo”, o meglio, in piazza Vittorio Emanuele II per festeggiare, incontrarsi, passeggiare ed accogliere nel salotto della propria città (che i nostri avi ci hanno, lasciato e gelosamente custodito), turisti, amici vicini e lontani e nostri concittadini, venuti con gioia e devozione a rivedere la propria città natale.
Come sempre i tre Nostri Santi Patroni, (probabilmente l’unica cosa “vera e perenne” rimasta in città) sono stati portati in processione in piazza, esposti e amorevolmente venerati così come anche l’Addolorata, per chiedere grazia, protezione e perdono. E proprio su quest’ultimo, cari concittadini, dovremmo chiederne tanto, non solo a livello personale ma anche a livello di comunità. Chissà cosa avranno pensato questi “Insigni protettori” nel vedere come alcune “pareti che chiudono il salotto buono della città”, cadere nell’oblio della coscienza di tutti noi e di coloro che dovrebbero salvaguardare il patrimonio artistico della città.
Indubbiamente tra queste righe è impossibile raccontare l’evoluzione urbana di Piazza Vittorio Emanuele II, certamente ancora oggi possediamo la fortuna di cogliere prospettive, scorci ed edifici costruiti in secoli precedenti contemporaneamente alla nascita di uno spazio pubblico, anello di raccordo tra la città antica e la città contemporanea.
Alcuni prospetti e quinte scenografiche come palazzo Ciani poi Tupputi (edificato dopo il 1751 fu demolito negli anni ‘50 per essere sostituito dal “Grattacielo”), palazzo Silvestris e l’Asilo infantile Regina Margherita, sono stati cancellati per via di operazioni errate che hanno inciso profondamente sullo sky line della piazza. Altri, per loro fortuna, sono rimasti: palazzo de Simone (1768), palazzo Gadaleta (1751-53) con l’annesso rione settecentesco, oppure i primi edifici condominiali dell’ottocento come palazzo Gangai 1875, i palazzi dell’impresa Storelli, Bruno e Minutillo del 1880, palazzina Pasquale dal 1866, ma ancora edifici in stile Liberty o Storicista come il Calvario del 1856.
Molto altro potremo raccontare e ancora vedere così come lo vedevano i nostri antenati dell’800 se fossimo in grado di difendere la nostra città, il nostro salotto, vale a dire il “Palazzuolo”.
Passeggiando durante le feste patronali, o comunemente tutti i giorni, attratto da luci, colori e vetrine, a piedi o in macchina, il nostro sguardo è rivolto sempre in orizzontale, per motivi di sicurezza ma è proprio quest’ultima ad essere minacciata.
Entrando da via Matteo Renato Imbriani in piazza Vittorio Emanuele II, l’edificio alla nostra sinistra ovvero Palazzo Pasculli, poi Fata, oggi Frisari (1795-1828), ci accoglie e invita gradualmente con la sua leggera inclinazione verso la piazza.
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Da decenni tale edificio è in stato di abbandono, i più anziani vagamente ricordano il suo portale d’ingresso da anni occultato dalla serranda di un negozio abbandonato.
Indiscutibilmente sia la sicurezza statica sia quella dei passanti è in serio pericolo. Pericolosi sono anche l’indifferenza, il silenzio e l’oblio in cui questo edificio è caduto, un edificio che da anni necessita di un serio intervento strutturale.
Un preoccupante quadro fessurativo (in avanzato stato) si legge sui prospetti verso via M. R. Imbriani e in parte sulla facciata principale, tanto da mettere in serio pericolo i passanti (pensate all’innumerevole massa durante feste e processioni) e per le relative attività commerciali sottostanti.
Dissesti statici preoccupanti, che partono dal cornicione di coronamento e continuano lungo le facciate, hanno aggredito anche gli architravi delle finestre. Per questo mi chiedo: perché non si interviene?
Come già denunciato da un esperto di storia e cultura locale, nonché grande amico, Gianfrancesco Todisco, potrebbe esserci “una precisa intenzionalità nel lasciare che il degrado avanzi, magari a tal punto da giustificare un’ennesima sostituzione edilizia per “irrecuperabilità” o “scarsa rilevanza” del vecchio fabbricato… . Quando un manufatto non ha più possibilità di essere conservato? Perché e quali requisiti storici, estetici o paesaggistici deve possedere per essere considerato “rilevante”?”.
Inviterei a tal proposito non solo coloro che dovrebbero difendere il nostro patrimonio e la nostra sicurezza ma anche l’attenzione e la coscienza di tutti i cittadini, a farsi sentire, a difendere la propria storia, la propria identità. Che cosa lasceremo ai posteri? Solamente fabbricati moderni in calcestruzzo armato?
Recentemente si è potuto osservare come dopo anni le persiane siano state magicamente aperte, forse qualcuno avrà pensato: “Qualcuno sta comprando il palazzo”. E invece no, forse ancora una volta una mano sbagliata vuole accelerare il degrado interno. Tra poche settimane inizierà la stagione autunnale e poi quella invernale, le infiltrazioni delle acque meteoriche accresceranno la stabilità del solaio, già instabile, ampliando il quadro fessurativo con il conseguente “spanciamento” delle facciate che comporterebbero il definitivo crollo. Insomma si attende forse il momento in cui non si potrà far più nulla?
Il palazzo Frisari è oramai monco, da qualche anno, dell'originario e particolarissimo comignolo ottagonale a punta che si vedeva un tempo da Piazza Regina Margherita di Savoia. La sua demolizione è quindi in qualche modo già iniziata.
Qualche anno fa, durante uno degli incontri organizzati dal Comune per condividere e discutere con la collettività il progetto del nuovo PUG, il proprietario dell’immobile, ovviamente lo chiameremo il “Costruttore X”, lasciò chiaramente intendere la volontà della sostituzione edilizia, rimproverando i dirigenti tecnici autori del PUG delle mancate decisioni in tal senso.
Anche noi stessi, cari concittadini, abbiamo in un certo modo depredato la bellezza estetica di tale edificio restando impassibili dinanzi alla realizzazione indiscriminata di vetrine poco coerenti (e sgradevoli nell’aspetto) all’estetica dell’edificio con un arredo urbano poco confortante: pali e cartelloni pubblicitari.
Siamo, in definitiva, un pò tutti autori del degrado della nostra città, del nostro patrimonio: non lamentiamoci solamente ma cerchamo di destarci da un tremendo torpore culturale prestando maggiore attenzione a ciò che ci circonda e che è anche nostro. Ieri era palazzo Pasculli, oggi palazzo Frisari e domani... chissà cosa rimarrà.
(Testo e foto tratte dal sito www.bisceglietv.it)
Giovanni Di Liddo |