Rendiamo visibile Villa o Palazzo Fiore?
Ins: 26/09/2011 - 09:13
“Il casino de’ Signori Fiori attira l’occhio di chi vi passa, mirandosi un largo viale, magnifica scala, ed una ben lavorata facciata,…”. Ancora oggi, le osservazioni scritte nel 1774 da Cesare Orlandi, in merito al “villino de’ Fiori”, non lasciano indifferenti né i turisti né gli stessi biscegliesi.
Certamente queste righe non basterebbero per raccontare tutta la mirabile storia della costruzione di questo bene architettonico nè tanto meno le vicende della stessa famiglia Fiore, ma indubbiamente possiamo raccontare e comprendere il problema da sempre esposto sull’abbattimento del muro antistante al Fiore.
Molti anni addietro, Mario Cosmai, aveva esposto tale problema proponendo l’abbattimento del muro che copre l’immobile, in modo da dare maggiore respiro all’area antistante il “palazzo”, riportando alla luce il suo congegno architettonico e scenografico, inoltre aggiungerei, peculiare ma non isolato come “modello” o elaborazione scenografica, se si tiene conto di altre realtà presenti in città come palazzo Manes (1776) o palazzo Mangilli-La Notte (1782), probabilmente successori di una creatività architettonica e scenografica che parte dal Fiore stesso.
Inviterei lettori, studiosi ed esperti nel campo, non meno appassionati di arte, ad aprire tra queste righe, un serio dibattito costruttivo o coerente sulla proposta, seppur nobile e giusta, per l’abbattimento del muro, ponendo attenzione alla Storia e all’Architettura; partiamo dalla Storia passata e recente, per motivare la sostituzione di titolo da villa a palazzo.
L’espansione tardo Ottocentesca e Novecentesca, ha profondamente modificato l’immagine e la percezione di questi casini, infatti, intorno agli anni '20 del XX sec., la “villa” fu chiusa su entrambi i lati da due nuovi palazzi, in stile tardo Liberty, costruiti a ridosso di essa, e da un terzo che ne ha chiuso la facciata posteriore, cancellando per sempre la percezione e il rapporto con il paesaggio, un tempo coordinato al tipo di residenza.
Negli anni '50, innanzi alla facciata anteriore, fu realizzato un muro posticcio che chiuse completamente la facciata scenografica della “villa”, visibile, oggi, solo attraverso un arco di ingresso. Certamente le intenzioni erano ben altre e peggiori, costruire un edificio per civili abitazioni che avrebbe del tutto occultato la vista della “villa”, per fortuna lasciato incompleto.
In seguito, all'interno dello stesso atrio privato, lungo il muro di confine con l'atrio comune, fu edificato un piccolo box, chiuso sui cinque lati, anch'esso dotato di apertura lungo "il muro di cinta" attraverso un secondo ingresso a saracinesca. Da allora, la situazione è rimasta così, sino ai giorni nostri.
Il progetto e la realizzazione della “villa”, ben studiato nelle sue forme architettoniche, spaziali e scenografiche, con il corso del tempo si è ben corrisposto, nonostante le ferite subite, a divenire ed essere chiamato “palazzo” e non più villa, dato il suo sviluppo in altezza e in larghezza, segno di una raffinata coscienza compositiva e costruttiva, la quale oggi non si riscontra presso gli edifici per civili abitazioni moderni. Quindi dai primi anni del 900 sino ad oggi, gli stessi biscegliesi hanno da sempre ribattezzato il luogo con il nome di “Palazzo Fiori”, escludendo il termine di villa e soprattutto il corretto cognome di questa famiglia aristocratica, cioè Fiore, quasi a trasformare inconsapevolmente insieme agli interventi urbani di primo novecento e alla estinzione della famiglia, cognome e corretta definizione dell’immobile.
Inoltre, il Casino extra moenia di “villeggiatura”, così definito nel Catasto Onciario del 1751 (oggi potremmo definirlo “urbanisticamente” parlando villa inurbata), divenne a partire dal 1775-76 in poi la loro residenza stabile, nonché il loro “Palazzo” poiché la stessa famiglia Fiore, nella persona di Ottaviano e Mauro, alienarono la loro casa palazziata in contrada Campo dei Fiori (probabilmente a causa delle ingenti spese originate per la costruzione del loro sontuoso palazzo nella contrada e anche del Casino), a Prospero Manes che la incorporò nella nuova costruzione del suo palazzo.
Interroghiamo ora l’Architettura, scoprendo che il corretto schema e pensiero composito dell’architettura napoletana del primo settecento è anche in “palazzo Fiore”.
Recenti studi hanno attribuito presumibilmente l’idea di progetto del palazzo a Domenico Antonio Vaccaro (1681-1751) pittore, scultore e architetto, operante in area pugliese intorno agli anni 30’ e 40’ del XVIII sec., facente parte del gruppo napoletano che trasportò il disegno architettonico nello stile associato al termine ”barocchetto”, insieme a Ferdinando Sanfelice (1675-1751).
Sanfelice, il più dotato e prolifico architetto napoletano della prima metà del XVIII sec. costruì una lunga serie di palazzi, dove la sua ingegnosità si concentrò sui disegni e realizzazioni di scalinate (in questo campo era senza pari) e nei grandi portali d’ingresso monumentali. Nel nostro “palazzo Fiore”, rincorre una tendenza che certamente riprende schemi delle ville vesuviane del Miglio D’Oro, terrazze, decorazioni e scalinata, quest’ultima certamente oggi punto di raccordo tra spazio interno ed esterno, tra architettura e scenografia, tra la definizione di Villa e Palazzo.
Allora, rendiamo visibile Villa o Palazzo Fiore?
Il dubbio certamente, non si pone sul nome, né tanto meno se e non cancellare il muro posticcio che la copre, ma su come agire in modo consapevole, critico e organico.
Condivido pienamente nelle riproposte fatte di recente di eliminare quel muro, ma inviterei a mantenere solo l’arco d’ingresso.
Ovviamente la proposta potrebbe creare perplessità, ma sulla luce delle motivazioni storico-architettoniche esposte, soffermiamoci un attimo. Se ipotizziamo di cancellare il muro, compreso l’attuale arco d’ingresso che da accesso allo spazio antistante il “palazzo”, sostituendolo con una nuova cancellata in stile Roccocò sostenuta da due pilastri (forse vorrebbero ricordare i precedenti ottocenteschi, un tempo collocati all’ingresso del viale che conduceva alla “villa”), certamente creiamo due falsi. Prima di tutto, una cancellata troppo sontuosa, paragonabile all’ingresso presso la Reggia di Versailles o Buckingham Palace, non si addice molto alla verità storica della Villa/Palazzo, se pur tenta di armonizzarsi con essa, secondo, se la cancellata certamente è conveniente per proteggere il bene architettonico e la stessa privacy degli attuali proprietari/condomini indubbiamente prenderemo in giro i posteri, poiché tutti crederanno, in particolar modo i turisti, che un tempo era lì il limite dello spazio antistante il “palazzo”; si sa gli occhi sono la prima cosa che “parlano”.
Mantenere almeno l’arco d’ingresso, se pur non pregevole dal punto di vista architettonico e con nessuno scopo statico, in realtà è il “palazzo e/o villa” che lo chiede, è la stessa Architettura a farcelo notare. Ponendosi d’innanzi all’arco, abbiamo ancora oggi la percezione (così come idealizzava Sanfelice e l’architettura napoletana del primo 700’), di entrare dentro un “palazzo”(così come lo definiamo oggi) e di avere in asse la scenografica e monumentale scalinata, paleseremo inoltre la testimonianza (solo in parte), di un periodo storico, cioè del primo 900’, quando Esso subì le più drastiche trasformazioni spaziali esterne e conseguentemente interne. Mostreremo e faremo comprendere che il vero limite e accesso d’ingresso al viale, in realtà non poteva essere quello che è ora, ma bensì qualcosa di diverso.
Sicuramente la mia osservazione non nasce dal motivo stesso di lasciare, in ogni situazione un segno dei precedenti sbagli, ogni qual volta s’interviene su situazioni di questo genere, bisogna tentare di comprendere e riflettere prima di agire, in modo critico e consapevole su quello che andiamo a realizzare, prima di creare altre ferite.
Il restauro Italiano è complesso nelle sue ipotesi e dibattiti, oltre che materialmente e burocraticamente, rimando solamente a tutti i cittadini e agli esperti di Villa Fiore, una splendida osservazione di John Ruskin: "L'arte migliore è quella in cui la mano, la testa e il cuore di un uomo procedono in accordo”.
Il Coordinatore delle Guide Turistiche Pro Loco Unpli Bisceglie
Laureando in Architettura
Giovanni Di Liddo
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